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Lisa Bellocchi

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Lo storytelling del mendìco



Allungare una mano o un berretto non basta più a muovere il cuore del passante, oberato dai suoi propri pensieri e dalla quantità di postulanti e perciò non disponibile a mettersi una mano in tasca.

Allora, l’elemosina2.0 fa ricorso alle regole della comunicazione e del marketing, per conquistare l’ambita monetina.
Da qualche mese, nelle strade delle nostre città, persone di ogni colore e provenienza tentano di interagire con il potenziale donatore commuovendolo con una storia.

Dapprima sono comparsi sgrammaticati cartelli in cui si comunicava variamente “ho fame”. Poi la fame si è precisata meglio: “ho 2 bambini”, “ho 3 figli piccoli a casa”…

Seguendo il main stream per cui fa (ahimè!) più effetto un cane affamato che un bambino abbandonato, il fedele animale è diventato compagno di strada di molti mendicanti. In questo caso, il messaggio diventa paritetico: “abbiamo fame”. Chi non è dichiaratamente cinofilo si domanda come mai il cane si mantenga felicemente pasciuto e lucido anche in tempi di asserita miseria. Il cinofilo invece si commuoverà pensando che l’umano di priva del necessario pur di continuare a nutrire il devoto quattrozampe. Qualche richiedente non bada a spese; nel centro di Bologna, un uomo di una cinquantina d’anni stende la mano seduto tra i suoi tre cani di media taglia.

Lo storytelling non si limita all’evidenza e scava nella storia delle persone. “19 anni di contributi, ditta fallita” racconta il cartello di un habitué del centro. “43 anni. Troppo vecchio per riassunzione” spiega un altro, che spera nella carità. “Sono ammalata e non ho i soldi per le medicine” sostengono diverse donne indigenti.

Questo fenomeno può essere letto da diversi punti di vista.

Quello esclusivamente comunicativo indaga le modalità che vengono scelte per emergere. In questo “ramo d’impresa” come in tutti gli altri, differenziarsi è il primo requisito per farsi notare.

Un angolo di visuale meno tecnico e più umano si appunta sull’ampliarsi del bisogno. A stendere la mano sono persone di ogni età e provenienza, fra cui molti, probabilmente, connazionali o concittadini.

Tuttavia resta una domanda. Ci sono gruppi omogenei di mendicanti che di tempo in tempo esibiscono cartelli omogeneamente cambiati, allo stesso modo che lo chef avveduto cambia il menù seguendo il ritmo delle stagioni. Non ci sarà un’unica mente pensante dietro tutto questo? Una mente pensante oppure un ben organizzato racket?

 

 


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