TESTO E FOTO DI

Mirella Golinelli

Cento terra d'artisti



Cento è una gloriosa cittadina padana, ricchissima di storia e d’arte. Per raggiungerla si percorre la strada provinciale per Bondeno, fiancheggiando la tenuta di Villa Spada, donata dal padre papa Alessandro VI Borgia, alla figlia principessa Lucrezia, in occasione delle nozze con Alfonso I d'Este, nel 1502. Il titolo di “città “venne conferito a Cento nel 1754, rappresentandola così come la più importante zona dell'alto ferrarese. Ciò anche grazie ai numerosi artisti che lì ebbero i natali.

Tra le figure più emblematiche, Fiolo de' Ser Ruziero de' Ruzieri, noto come il pittore Marco lo Zoppo. Come riporta il Frizzi in “Memorie per la storia di Ferrara (vol.V app. VII), Fiolo nacque a Cento nel 1433, si trasferì a Padova e morirà a Venezia nel 1478. Con il Mantegna, venne educato alla disciplina di Filippo Squarcione (1379-1468) di cui sono rimasti solo due dipinti: “La Madonna”, conservato nei Musei di Berlino ed il “Polittico Lazzara” custodito al Museo civico di Padova e datato tra il 1449 ed il 1452.

A Bologna, lo Zoppo lasciò un suo polittico con Madonna e Santi, conservato al Reale Collegio di San Clemente degli Spagnoli meglio noto come Collegio di Spagna. Egli fu encomiato dallo stesso Vasari, il quale lo allineò al Mantegna, a Stefano Ferrarese e a Nicolò Pizzolo. L’artista centese eseguì dipinti di tale bellezza che, se non fosse stato ritrovato in un angolo d'una tavola il suo nome (Marco lo Zoppo), i pochi capolavori rimasti, sarebbero stati attribuiti al Durer. Così risulta dagli “Annali di Bologna” editi nel 1842.

Nel 1511, Domenico Terrisi, altro pittore locale, affrescò la Madonna degli Angeli, seduta su una cassapanca, nell'antico ospedale di Pieve. Questa è l'unica opera documentata de Terrisi, sulla base dei dati forniti dal conterraneo Giovanni Cavicchi.

 

Divenne una stella nota a tutti, stimato ed onorato anche a Bologna, il centese Giovanni Francesco Barbieri (1591-1666), meglio noto come il Guercino. Egli dipinse tanto (il notissimo gallerista Renzo Melotti, lo definisce.”pittore straordinario dalla pennellata veloce”) che ben da pochi fu eguagliato.  A Cento teneva una “bottega” con numerosi allievi ed aveva avuto dal Conte Ghisiglieri, l'incarico di dirigere, nel suo palazzo, un’Accademia del Nudo, pensata su modello carraccesco, affiancandosi a Michele Desubleo, Francesco Albani ed Alessandro Tiarini. La sua prestigiosa Accademia, incuriosì molti tra i più rinomati pittori dell'epoca. Il Conte, in seguito entrato a far parte dei Religiosi della Congregazione dell'Oratorio, sei anni dopo sciolse l'Accademia.  Guercino stesso affermava d'essere autodidatta ed a scoprirne la talentuosa “mano” fu nel 1613, il canonico Antonio Mirandola, commissionandogli la preparazione d'un fascicolo di immagini anatomiche per dilettanti pittori; sono disegni che saranno poi diffusi a Venezia. Il Guercino lavorò anche presso il Duca di Mantova, nel 1620, anno in cui viene nominato Cavaliere dal Cardinale Serra; l'anno precedente erano entrambi a Ferrara. In strada Paolina a Roma divise poi l'abitazione con il Cagnacci, ma i suoi frequenti viaggi lo videro anche a Piacenza e Modena. Nel 1629 riceve la visita del sivigliano Diego Velazquez; all'evento furono presenti anche Ercole e Bartolomeo Gennari e suo fratello, Paolo Antonio Barbieri, il quale iniziò a trascrivere le vendite ed i guadagni che, sostanziosamente, venivano incassati. Il tariffario segnalava 100 ducatoni per una figura intera, 50 ducatoni per mezza figura, 25 ducatoni per la sola testa. Questi prezzi erano di base, perché se il committente era particolarmente danaroso gli veniva applicata una maggiorazione “a vista”. Nel 1642 il Guercino decide di trasferirsi a Bologna, lasciando l'amata Cento, per essere ospitato nella casa del Conte Filippo Aldrovandi.  Per la somma di 4250 scudi, acquistò poco dopo una casa tutta sua. La sua permanenza nel capoluogo era dovuta al fatto che, nel 1642, Guido Reni, aveva reso vacante l'incarico di “primo pittore”.

Il Barbieri, discretamente alto e di carnagione bianca, aveva temperamento focoso che gli rosseggiava le guance; un aneddoto racconta che l'appellativo “Guercino” gli venne affibbiato, per lo strabismo che seguì ad un urlo, quando ancora era nella culla.  

Questa caratteristica non gli precluse il tratto rapidissimo del suo pennello: produsse 106 grandi pale d'altare e 144 dipinti a vario carattere. Seguirono la sua orma pittorica anche i Gennari, suo fratello Paolo Antonio Barbieri, il Cremonini(1550-1610) ed il mosaicista Marcello Provenzali. 

Il Guercino fu anche caricaturista e le sue opere sono esposte nelle maggiori gallerie del mondo. Il principe Leopoldo de' Medici, volle un ritratto dell'eccellente Barbieri, da inserire nella propria collezione fiorentina. Nella galleria degli Uffizi, oltre a tale ritratto, sono esposti altri due quadri del Guercino: La Sibilla Samia e l'Endimione, acquistato dal granduca Pietro Leopoldo, nel 1785, per 200 zecchini.

Cristina di Svezia nel 1655 fece visita al Guercino, nella bottega bolognese. Nella città emiliana, l'artista, si spense, il 22 dicembre del 1666, per una pleurite contratta cinque anni prima. Fu sepolto nella chiesa di San Salvatore.

Il 2 novembre 1786, Goethe, in visita in Italia, ammirò la Santa Petronilla del centese, allora esposta, al Quirinale e l'emozione che provò alla vista lo condusse fino a Cento; percorso che, dal 1982, seguì anche sir Denis Mahon, (1910 -2011) il quale considerò giudicò il Guercino “un fecondo colorista”. Mahon divenne cittadino onorario di Cento, per aver ridato vita, attraverso la sua monumentale opera, ai capolavori del “Maestro Barbieri” che, fino agli anni 60 del '900, erano stati quasi dimenticati.

La sua migliore opera “l'Annunziata” è datata 1646 e si trova a Santa Maria Maggiore a Pieve.

Il Guercino, fu tra gli artisti italiani, più richiesti all'estero. Le sue opere fecero parte anche delle collezioni del re inglese Carlo I e, della regina di Francia, Maria de' Medici.

Amato dai suoi concittadini, nell'androne della Chiesa di San Biagio, dove era stato battezzato l'8 febbraio 1591, già nel 1763, venne eretto in sua memoria un cenotafio. Nella Piazza a lui intitolata, un altro scultore conterraneo, Stefano Galletti, alzò un monumento per volere del popolo.

 

 


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