TESTO DI

Giuseppe Di Patrizio

Zaccagnini: la politica dal volto gentile



Per ben due volte, nel 1971 e nel 1985, rifiutò la candidatura alla presidenza della Repubblica. Benigno Zaccagnini non amava le cariche, anche se nella sua vita politica si è trovato suo malgrado a ricoprire ruoli di primo piano, anche in momento drammatici della Repubblica.

Il politico cattolico è stato ricordato il 5 novembre scorso nella sua Ravenna con l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Davanti alle oltre tremila persone che affollavano il Pala De André, è emerso chiaramente che la commemorazione non era un esercizio di archeologia politica, ma un modo per riscoprire il significato vero del fare politica: servizio alla collettività per realizzare il bene comune.

A Ravenna lo ha ricordato il professor Guido Formigoni della Iulm (Libera università di lingue e comunicazione di Milano) che ha ripercorso tutte le tappe dell’uomo e del politico, dalla Resistenza all’elezione all’Assemblea Costituente, fino alla segreteria della Democrazia Cristiana, che lo ha visto alla guida del partito di maggioranza governativa nel periodo degli anni di piombo che culminarono nella tragedia del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro, amico carissimo di Zaccagnini.

Ne è emersa la figura di un uomo che si è ritrovato, come ha detto Formigoni, “per 40 anni nel cuore delle istituzioni, ma sempre in modo schivo e sobrio, sempre in punta di piedi”. Un uomo che nella sua riservatezza e modestia aveva la capacità di guardare lontano, come quando il 26 luglio del 1963 a due anni dalla costruzione del muro di Berlino, Zaccagnini in un intervento alla Camera prevede “che il muro di Berlino cadrà, ma non per i carrarmati, bensì per le idee di libertà della gente, dal cammino travolgente delle idee di libertà, di giustizia, di pace che ovunque avanzano nel mondo”. Ironia della sorte, Zaccagnini è morto il 5 novembre del 1989, proprio nei giorni della caduta del muro.

Se il professor Formigoni ha sottolineato la sobrietà come vera cifra umana e politica di Zaccagnini e lo ha definito un “controcanto critico alla politica contemporanea”, il presidente Mattarella ne ha evidenziato soprattutto l’umanità. Il capo dello Stato ha infatti ricordato quando al congresso fu riconfermato segretario della Dc, "alla proclamazione – ha raccontato il presidente della Repubblica – non c'era: era partito velocemente per Ravenna, perché era morto un suo amico. Questo rifletteva il senso di umanità profondo che lo muoveva, perché la politica non può essere disumana".

Il suo impegno per una politica al servizio del bene comune fu costante per tutta la vita, un anno prima di morire, nel 1988 era a Milano a un partecipato raduno dei giovani di Azione cattolica e rilasciò un’intervista in cui disse: “Nei limiti con cui la politica e ogni cosa umana può esprimersi è certo indispensabile portare avanti il rinnovamento, che non è solo un fatto generazionale ma soprattutto di idealità, di freschezza, di ideali politici. Non si può appiattire la politica perché allora ci si sporca solo le mani. Si deve tenerla alta, e… dopo essersi sporcati le mani, cercare di lavarle”. È un’immagine sobria e fiera – ha commentato il professor Formigoni – che ben rappresenta il suo lascito essenziale, che potrebbe funzionare anche da controcanto critico ad alcuni limiti della politica contemporanea.

 

A ricordare Zaccagnini, al Pala De André, c’erano anche la Coldiretti di Ravenna. Non molti sanno infatti che l’importante politico ravennate è stato per 31 anni presidente di Coldiretti provinciale. In occasione del trentennale della morte l’organizzazione agricola ha pubblicato il volume “Zac e i coltivatori diretti”, curato da Antonio Sangiorgi, ex direttore dell’organizzazione agricola a Ravenna, e Giuseppe Di Paolo, già responsabile dell’ufficio stampa di Coldiretti Emilia Romagna.

Nel volume, che è stato presentato al presidente Mattarella dal sindaco di Ravenna Michele De Pascale, viene ripercorso, principalmente attraverso le immagini, l’impegno di Zaccagnini per la sua terra e per chi la coltivava. Nell’Italia uscita dalla guerra, il 60% della popolazione – ricordano gli autori – vivevano e lavoravano in campagna: si trattava soprattutto di braccianti e mezzadri alla ricerca di una dignità sociale. Nel 1952 in provincia di Ravenna scelsero come punto di riferimento proprio Zaccagnini, che non ebbe dubbi da che parte stare. I coltivatori lo votarono come presidente fino al 1983, respingendo sempre le sue dimissioni che arrivavano ad ogni nuovo incarico nella politica.

Dal libro emerge un Benigno giovane al quale piaceva stare in mezzo alla gente semplice e che si faceva carico dei problemi reali. Per i coltivatori diretti ravennati, il loro presidente non era l’onorevole Benigno Zaccagnini, da tutti conosciuto per i tanti e prestigiosi incarichi ricoperti nel corso della sua lunghissima carriera politica, ma semplicemente “ZAC”.

 

 

 

 


AREA

Archivio »

L'ANGOLO DELLA POESIA

Archivio »

RICETTA

Archivio »

ALTRI ARTICOLI

N°36

maggio 2024

EDITORIALE

...  continua »

 
 
 
 
 
 
ArchivioCONSULTA TUTTO »

 

OmnisMagazine n°44
» Consulta indice