TESTO DI

Carlo Maria Milazzo

DÜRER, il malinconico al punto giusto



A Bagnacavallo di Ravenna una mostra imperdibile

“Che cosa sia davvero la bellezza assoluta, io non so. Non lo sa nessuno, tranne Dio”. Questa affermazione è attribuita ad Albrecht Dürer, sommo pittore di Norimberga e, poiché sublime incisore, padre della grafica. L'asserzione è spesso posta come didascalia alla Malinconia, incisione a bulino la cui enigmaticità è paragonabile alla Gioconda. Definire la Malinconia è difficile come aggettivare l'opera di Leonardo, incerti se il disegno sia un'apologia dello stato emotivo che conduce all'Arte oppure un compendio di citazioni alchemiche oppure un'interpretazione del tempo corrente in relazione all'Apocalisse oppure un autoritratto spirituale e sentimentale dello stesso Dürer.

Proviamo ad analizzare le sfaccettature appena snocciolate.

 

Secondo la medicina di Ippocrate l'uomo è pervaso da 4 umori, bile nera/bile gialla/flegma/sangue con rispettive sedi in milza/fegato/cervello/cuore. In armonia, i 4 elementi mantengono la salute. Quando uno degli umori è in eccesso, in difetto o mescolato agli altri si instaura la malattia. Gli umori si accollerebbero anche la responsabilità dei temperamenti: in lieve predominanza determinerebbero malinconia/collera/flemma/impulsività.

L'etimologia di malinconia è, dal greco, bile nera. Un leggero incremento di bile scura induce quella sensazione fatta di 3 parti di malessere e di una parte di voluttà. Dallo stato malinconico, in cui si sta stretti dentro la pelle (sofferenza) ma al contempo non viene meno la passione per la vita (carpe diem), scaturisce sovente l'Arte. (La sproporzione di bile nera porta invece, per Ippocrate, alla depressione e alla susseguente follia).

Dürer si proclama malinconico nell' “Autoritratto come malato”, laddove, ignudo, indica la milza come punto dolente. (Anche lo spleen di Charles Baudelaire attinge al greco splÄ“n, milza. Pure lo spleen è una forma di malinconia, una cupezza meditativa sfumata da estasi impagabile).

L'Angelo dell Malinconia occupa un terzo del quadretto di Dürer. E' molto umano: robusto nelle spalle larghe, carnoso sotto la fascia che comprime il fianco, muscoloso nell'avambraccio. L'attacco delle piume, insufficienti per un volo, è fibroso. I capelli sono quelli di Albrecht, lunghe sinusoidi che accarezzano le spalle. Il pugno appoggiato alla guancia non è segno di pensieri razionali (quando si ragiona è più facile posare il mento sul palmo). La mano destra che stringe svogliatamente il compasso, nemmeno dall'apice, sembra quella di uno studente stufo della lezione di matematica e desideroso dell'aria aperta.

 

Se la Malinconia è un'allegoria dell'alchimia, una pletora di simboli è rovesciata intorno all'Angelo. L'alchimia, citando la Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto (Egitto precristiano), sostiene che ogni materia è formata da un'unica sostanza, la quale si manifesta in diversi gradi di quantità e purezza. Se tutto ha lo stesso principio è dunque possibile trasformare, mediante processi fisico-chimici, i metalli più scadenti (piombo/stagno/ferro) in un metallo nobile come l'oro. Nel 1400 nasce l'analogia per cui anche l'uomo può compiere un processo alchemico interiore, salpando da stadi bassi di conoscenza e spiritualità ed evolvendo verso cognizioni e trascendenza. Per accedere all'alchimia intima occorre essere iniziati, cioè compiere un rito che porti a uno status radicalmente diverso da quello vissuto in precedenza. Al tempo di Dürer sono attivi l'ordine iniziatico dei Liberi Muratori e quello degli Scalpellini: loro simboli, presenti nella Malinconia ed evocanti lavori di sgrezzatura, sono pialla, sega, riga, scalpelli, pietra e martello. La scala che Dürer appoggia all'edificio indica l'ascesa verso livelli iniziatici via via superiori.

L'Angelo è seduto sull'athanor, il forno in cui modificare i metalli e, metaforicamente, estrarre la pietra filosofale, quel reagente figurato che innesca la costituzione dell'oro in cuore e mente. Il morbido levriero acciambellato, col muso che può toccare la coda, rimanda ancora alle iscrizioni di Ermete secondo cui ciò che è in fondo è anche davanti, ciò che è in alto è anche in basso. Il crogiolo o braciere ardente rinvia alla prima fase alchemica, la Nigredo, nella quale si bruciano orpelli sia materiali che psichici.

 

Qualora la Malinconia sia un memento dell'Apocalisse, si può considerare la stella cometa che punta a ovest. I Re Magi tolgono le tende, tornano da dove sono partiti. La cometa è sempre un segno nefasto (all'inizio del 1500 ne apparve una nel cielo tedesco). La cometa punta alla bilancia, lo strumento che il Messia-Cristo userà, nell'apocalittico Giudizio Finale, per pesare le anime e dividere, ebbene sì, le buone dalle cattive. Il putto che siede sulla ruota è forse lo stesso Messia, ancora giovane ma con già il maglietto da giudice in mano.

L'Apocalisse avverrà, stando a una esegesi del libro di Giovanni, al termine della quarta Età dell'attuale Mondo, il quale ha già vissuto le sue Età dell'Oro, dell'Argento e del Bronzo. L'Età in corso, quella del Ferro o Età Oscura (o Kali Yuga secondo la terminologia induista), è impregnata dalle forze negative dell'Anticristo che convertono l'uomo a malvagità, violenza, ateismo, corruzione, frode, desiderio di possesso, assenza di lealtà/equità/pietà. Come sottolinea l'esoterista Louis Balmont, il pipistrello-vampiro, che nella Malinconia plana sul mare, è emblema di Satana che ha influenza predominante nell'Età del Ferro. La clessidra segnala poi che questo Mondo ha cominciato il suo conto alla rovescia.

 

Il quadrato magico, sopra la testa dell'Angelo, è un marchio positivo. E' un quadrato di 16 cifre: la somma delle righe orizzontali, delle colonne verticali e delle diagonali dà sempre 34. La somma dei 4 numeri agli angoli, dei 4 numeri centrali e dei 4 quadrati in cui si può suddividere il quadrato unico dà ancora 34. Nella riga in basso, i due numeri centrali, il 15 e il 14, unendosi, formano la data di incisione della Malinconia, il 1514. (Per un ultimo riferimento all'Età del Ferro, l'anno 1514 viene calcolato come l'iniziale dell'era più oscura all'interno dell'Età Oscura).

 

Se l'Angelo della Malinconia è il ritratto spirituale e sentimentale di Dürer, perché il pittore è malinconico? Nel 1514 muore la madre di Albrecht e la mestizia è inarginabile. Nel 1514 Dürer compie 43 anni e secondo la teoria dantesca dei settenari il “mezzo del cammin di nostra vita” è al compimento del quinto settenario (35 anni) mentre la fioritura fisico-intellettuale dell'uomo avviene nel settenario precedente e in quello successivo ai 35. Doppiate le 42 primavere inizia il lento declino, il lungo appassimento. Ancora, come rileva lo storico dell'Arte Heinrich Wölfflin, l'Angelo- Dürer accigliato può indicare che “lo studio e il rovello, non avendo fine, non rendono felici nessuno”. Ugualmente, però, l'abbandono della ricerca e l'ammissione di una sconfitta precipitano la mente verso un buio patologico.

 

Ma la malinconia sorge spesso dal ricordo di un tempo passato che non può riproporsi, nemmeno con vaga somiglianza. L'Angelo-Dürer non guarda nulla di ciò che ha vicino. Lui guarda fuori dal quadro, a cercare qualcosa che è stato. Lui forse ricorda il suo soggiorno a Venezia, città che nel quadretto accenna sulla riva del mare. In laguna Dürer si stanzia per la seconda nel 1504, trentatreenne. Si ferma un anno e lì frequenta maestri della prospettiva e della proporzione, gli ambienti neoplatonici ispirati da Marsilio Ficino, il patriziato aristocratico e colto. A Venezia, in un tardo pomeriggio di fine estate, col sole che sta risalendo i palazzi, in un cortile lambito da un torpido canale, i tavolini sono ricoperti da pizzi di Burano e ospitano bicchieri azzurri di Murano. Dürer, seduto, sorseggia vino bianco dei colli veneti. Decolla una musica creata da una spinetta, da un'arpa e da un violino. E' una pavana, due quarti. Nobiluomini in broccati e velluti invitano alla danza Nobildonne in sete fiorate. Rampolli di consacrato lignaggio chiedono a rampolle di conclamato casato di essere accompagnati nel ballo. Una fanciulla dai capelli rossi si avvicina a Dürer. Gli prende le dita e gentilmente le tira, un'esortazione ad alzarsi. I due interpretano la pavana: si mettono uno di fronte all'altra, piedi uniti. Dürer è alto, bello nei capelli biondi e lunghi da Cristo predicatore, nella barba tenuta corta, negli occhi che scombinano le ossa di chi viene guardato. Indossa un camicione bianco che in alto lascia scoperto il petto glabro. Lei, alta, ha i capelli pettinati con scriminatura nel mezzo, con ciocche boccolose a scendere ai lati del viso mentre dietro sono raccolti in una reticella finissima, i cui fili si confondono con la capigliatura. Sopracciglia ad arco sorvolano occhi neri che sanno cercare anche quello che non c'è (Pino Daniele dixit). Zigomi alti. Labbra come petali consistenti di una rosa arancione. L'abito riprende il rosso dei capelli. Lo scollo è quadrato e le maniche sono allacciate al vestito con due nastri, uno oro e uno nero. La collana alterna perline e pietre dure scure. I due si prendono per mano e, fianco a fianco, compiono passi simultanei, molto lenti. A fine pavana si ridispongono di fronte. La ragazza veneziana sorride appena, soave nella metà destra, sensuale nella metà sinistra. Dürer china il capo, in una riverenza automatica. Il bacio non lo coglie di sorpresa: è il sigillo di una perfezione.

 

In quel cortile di Venezia non solo Dio sa cos'è la bellezza assoluta. Anche Albrecht Dürer, brevemente, sa cos'è la bellezza assoluta: Ricordare la belleza assoluta, acciderbolina, genera la Malinconia.

 

Fino al 20 gennaio 2020. La Malinconia di Dürer, è esposta, insieme ad altre 120 incisioni dello stesso autore, al Convento delle Cappuccine di Bagnacavallo (Ravenna). Per qualità e quantità delle opere radunate, la mostra, gratuita, potrebbe definirsi imperdibile.

 

 


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