TESTO DI

Alessandro Maresca

I servizi in rete si pagano con la nostra privacy



Internet, e i social network in particolare, sono strumenti potenti e anche molto utili. L’iportanza è essere consapevoli della nostra posizione rispetto al loro impiego

Nessuno regala niente. E nel mondo di internet questo assioma assume un valore particolarmente subdolo. Il fatto di poter utilizzare Facebook, WhatsApp, Twitter, You Tube ecc. ecc. gratuitamente non ci deve far pensare a un regalo di un qualche disinteressato mecenate. Ci deve invece fare riflettere.

Perché non spendiamo una lira per utilizzarli? La risposta a questa domanda e tanto semplice quanto inquietante. Semplice, perché li compriamo, con la cessione della nostra privacy. Siamo tutti coinvolti in questa situazione, e non voglio additare nessuno come pietra dello scandalo. L’importante è la consapevolezza, e avere l’accortezza di stabilire un limite, possibilmente invalicabile, alla puibblica diffusione della parte più sensibile della nostra privacy.

Ormai i social sanno tutto di noi perché siamo noi che gli raccontiamo “vita, morte e miracoli” di quello che facciamo, a casa e al lavoro. Fra poco racconteremo on line anche quante volte andiamo a fare pipì…

Il bello è che in genere a nessuno interessa veramente la nostra vita privata ma pochi ci negheranno un “mi piace” consapevoli che poi noi andremo a fare lo stesso sotto ai post di chi ci ha lusingato. La nostra smania di apparire e il culto della personalità ci spingono a un gioco stupido che va a riempire i server dei social, gioielli tecnologici che potrebbero essere utilizzati per contenere informazioni molto più utili alla nostra cultura e alla nostra esistenza.

Naturalmente ho estremizzato, perché non è sempre così e non è  in assoluto così, ma non mi sono discostato molto dalla verità. In ogni caso c’è qualcuno a cui interessano moltissimo le nostre abitudini e sono appunto i gestori dei social. Infatti questi possono, attraverso algoritmi matematici cha analizzano i nostri post,  propinarci pubblicità ad hoc da proporre alle ditte inserzioniste, assicurando loro una consegnare “a destinazione”.

Dobbiamo anche ricordarci che ogni volta che compiliamo un form on line per accedere a qualche servizio, concorso, informazione, ecc., tutte cose in genere gratuite, deliberatamente lasciamo tutti i nostri dati che poi, vengono utilizzati e/o ceduti a ditte che poi ci contattano per offrirci proposte e servizi di ogni genere. Ma tutto questo è legale? Non sempre, ma in genere sì, anche perché quasi sempre alla fine delle iscrizioni che facciamo c’è sempre da flaggare (spuntare) dei quaratini per deliberare la cessione della nostra privacy. E se non lo fai il servizio non viene erogato. Oltre tutto spesso il secondo o terzo quadratino da flaggare riguarda proprio il consenso per la cessione a terzi dei propri dati… e il gioco è fatto.

In un mondo come l’attuale, iperconnesso, è difficile poter mantenere la privacy perché dovunque uno passa nelle “strade e autostrade di internet” lascia la propria traccia. E i social, d’altra parte, stanno diventando uno strumento che abbraccia anche l’attività lavorativa, e chi volesse rimanerne fuori a tutti i costi, prima o poi rischia comunque di caderci dentro pari pari. Allora come ci si può difendere?

Non potendo isolarsi da tutto e tutti e andare a vivere sul cucuzzolo di un monte una propria vita “disconnessa”, sicuramente più sana ma assolutamente inproponibile (se non per pochi), l’unico modo è quello di non prestare il fianco alla completa violazione della propria privacy, adottando tutte le cautele del caso e lasciare il minimo di tracce possibile.

Di per se già andare in giro con uno smartphone è un po’ come essere dei moderni “pollicini” che lasciano mollichine di pane sulla strada percorsa.  In questo caso,  però, non sono gli uccellini a mangiarsele ma Google. Il colosso di Mountain View infatti è in grado di registrare il percorso da noi effettuaro, indicando tempi di spostamento e fermate. Anche senza che il gps sia acceso Google è in grado di tracciare, con un’approssimazione veramente eccellente, la nostra localizzazione, oltreutto indicandoci bar, ristoranti ed esercizi commerciali vicino a noi (con orari di apertura e merceologia offerta) nonché la localizzazione dei mezzi pubblici (bus, treni, aerei,…) con relativi orari. Un servizio davvero eccellente ma ripagato con la cessione di almeno una parte della nostra privacy.

A onor del vero è lo stesso Google ci spiega come gestire la privacy nei suoi confronti. Nel sito https://privacy.google.com ci viene spiegato infatti quali dati vengono raccolti e come si può fare per gestire questi stessi dati. Google assicura di non vendere i nostri dati a terzi ma dice anche di utilizzare gli stessi per mostrarci annunci che potrebebro interessarci.

È importante ricordare che in genere i social network permettono di personalizzare le impostazioni della privacy. Queste impostazioni determinano in che modo un utente può essere trovato dagli altri e quali informazioni sono disponibili per tutto il pubblico. La maggior parte dei social network hanno impostazioni di default che permettono l'accesso a molte informazioni; deve quindi essere l’utente a modificarle e peersonalizzarle nella manier migliore.

La cosa migliore è condividere il minimo delle informazioni necessarie (evitando per quanto possibile di rendere pubblici  quantomeno i dati più sensibili) così come è bene evitare di condividere la propria localizzazione spaziale.

È divertente cercare il proprio nome su Google e vedere cosa esce fuori. Ma può anche essere preoccupante se si pensa che quello che viene trovato, può essere visto da tutti, amici e non amici, senza differenziazioni.

Senza entrare in un dibattito sul fatto di quanto sia difficile trovare quell'oblio sul web che qualcuno vorrebbero ottenere per nascondere le malefatte passate o per tutelare la memoria di un defunto, è fondamentale proteggere la nostra privacy su internet, cercando anche di capire cosa il web sa di noi.

Vorrei concludere chiarendo che internet e i social network incontrano tutto il mio favore. Offrono infatti enormi potenzialità, spesso sottostimate. Una delle nuove frontiere del marketing è proprio quella che si avvale dei social network. Tuttavia proprio la loro democraticità, nel bene e nel male, che consente a chiunque di esprimere la propria opinione e di postare ogni genere di contenuti, li rende uno strumento pericolosissimo che necessita di una forte esperienza per poterli gestire al meglio, esattamente come per chi si mette alla guida in una strada trafficata. Occorrono non solo gli strumenti adeguati di protezione  e sicurezza che per il web possono essere costituiti dai filtri” o, ad esempio, dagli strumenti di parental control, ma soprattutto dalla capacità dell’essere umano di “saper condurre il mezzo”.

Tutto si riduce a un problema di cultura. È inutile mettere filtri a protezione dei minori quando navigano sul pc di mamma e papà, se prima non si sono forniti loro gli strumenti, anzitutto culturali, per essere consapevoli di tutti i rischi che si corrono.

Tutto sanno che a garanzia dei cittadini esistono regole molto precise per garantire la privacy ma queste non sempre risultano efficaci per tutelarci su internet. La grande rete è infatti un mondo tutto nuovo (è il Cern ad annunciare la nascita ufficiale del cosiddetto world wide web - www -, il 30 aprile del 1993) e anche la normativa deve rapidamente adeguarsi alla rete, una cosa assolutamente non facile, visto che la stessa “rete” è in continua evoluzione.

 

 

 

 

 

 


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