TESTO E FOTO DI

Giuseppe Di Paolo

Il dottor cavallo cura a Verona



Ippocrate, padre della medicina occidentale, ne consigliava l’uso terapeutico già nel 400 a.C. In tempi più recenti, l’uso del cavallo (è di questo animale che stiamo parlando) a sostegno di terapie mediche ha cominciato a diffondersi negli Stati Uniti negli anni Cinquanta del secolo scorso, mentre in Italia è arrivato attorno agli anni Settanta, diffondendosi poi su ampia scala all’inizio del terzo millennio con l’estensione dall’ippoterapia alla pet therapy con l’impiego di vari animali.

Dal 2015 il quadro normativo si è fatto più completo fissando regole e figure professionali che possono operare nell’ambito degli interventi assistiti con gli animali.

“Con le linee guida emanate dalla Conferenza Stato Regioni nel marzo del 2015, recepite ormai da tutte le Regioni italiane – spiega ad Omnis Magazine Michele Panzera ordinario di etologia veterinaria e benessere animale dell’università di Messina – sono state chiarite il ruolo e le competenze, ma soprattutto i contenuti formativi delle figure professionali che formano l’equipe multidisciplinare per gli interventi assistiti. In pratica non è più possibile fare interventi assistiti con un’unica persona che racchiude in sé tutte le diverse competenze. Ogni Regione deve istituire un albo regionale dei soggetti che compongono l’equipe: la parte medica (medici o altre professioni sanitarie) nel ruolo di responsabile di progetto o referente d’intervento, il medico veterinario esperto di interventi assistiti e il coadiutore dell’animale. Gli animali che possono essere destinati agli interventi sono cane, gatto coniglio, cavallo e asino, con il settore dei cavalli che è sicuramente quello più articolato e presente con le attività tradizionali di ippoterapia o riabilitazione equestre”.

Chi vuole o deve ricorrere agli interventi assistiti con animali, oggi sa che in Italia può contare su personale e centri che hanno sulle spalle professionalità ed esperienza. Se in Emilia Romagna è stato dato il via all’ingresso di cani e gatti negli ospedali, in Veneto in occasione dell’edizione 2019 di Fieracavalli (la maggiore rassegna europea del settore) è stato lanciato il progetto Riding the Blue frutto del protocollo d’intesa siglato da Veronafiere con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e l’Unità Locale Socio-Sanitaria 9 Scaligera per la promozione e valorizzazione dell’ippoterapia.

L’iniziativa nasce proprio con l’obiettivo di mettere in luce i benefici degli interventi assistiti con i cavalli nei bambini affetti da Disturbo dello Spettro Autistico (Asd). “Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità – dice il dottor Leonardo Zoccante, responsabile del programma sperimentale Riding the Blue – in Italia i bambini affetti da Asd sono uno su 80 e i disturbi più comuni comprendono deficit comportamentali, di interazione sociale e di comunicazione verbale: una vera emergenza sanitaria e sociale che, grazie a una diagnosi precoce, inserita in un progetto riabilitativo globale anche con una terapia assistita con il cavallo, garantisce, nella maggior parte dei casi, un’evoluzione positiva della patologia”.

Sicuramente molti sono gli animali che ispirano emozioni, fiducia reciproca e affetto sia negli adulti, sia nei bambini, ma il cavallo, secondo gli esperti rimane uno dei migliori “compagni” di viaggio in quanto il legame che crea con l’uomo è uno dei più empatici e secondo i medici, i benefici che derivano dal rapporto con il cavallo sono molteplici: oltre a rafforzare le potenzialità motorie, stimola le facoltà intellettive e permette di smuovere il mondo interiore, suscitando empatia e favorendo la consapevolezza del proprio Io.

“Gli utenti degli interventi assisiti – ricorda il professor Panzera – sono quelli che una volta erano gli utenti della pet therapy, si va dai bambini affetti da tutta la sindrome dello spettro autistico fino ai soggetti con disabilità motoria. Ma molte aspettative abbiamo anche per i disturbi del linguaggio, per i disturbi Dhd (disordine dell’apprendimento e dell’attenzione, iperattività), fino ad arrivare a soggetti anziani, con demenza senile, alzheimer, parkinson”.

Ovviamente, l’uso terapeutico di cavalli e asini non rappresenta un’alternativa ai trattamenti tradizionali, che rimangono essenziali, ma può comunque fornire una integrazione e un supporto molto utile per rendere più efficace il risultato terapeutico.

“Gli interventi – conclude Panzera – mirano a garantire una migliore qualità di vita. L’intervento assistito con animali consente di gestire nel quotidiano a rendere più efficaci i protocolli terapeutici, migliorando sensibilmente la qualità di vita del nucleo familiare”.

 

 

 


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