TESTO DI

Giuseppe Di Paolo

Chiellini e la parola "odio"



Clamoroso autogol linguistico del difensore della Juve

Il campionato di calcio riparte sì, no, forse. Nell’attesa che i “panem et circenses” domenicali riprendano il loro tran tran, le pagine sportive dei giornali in tempo di lockdown si sono scervellate a pubblicare qualcosa di interessante per mantenere i loro lettori allenati a disputare di calcio. Tra le varie cose hanno reso noto che il calciatore della Juventus, Giorgio Chiellini, arcigno e grintoso difensore centrale della Juventus “odia” l’Inter. È stato lo stesso giocatore a dirlo il 9 maggio in una intervista a Repubblica che annunciava la prossima uscita della sua biografia in cui sottolinea il concetto di “odio”.

Un tempo, a cavallo tra gli anni 60 e 70 c’era un difensore centrale (allora si diceva stopper), Comunardo Niccolai, del Cagliari e della Nazionale, che tirava nella sua porta più di un centravanti avversario e spesso faceva anche goal. Anche Chiellini è un difensore centrale, normalmente non avvezzo a infilzare il proprio portiere, ma questa volta ha fatto proprio un clamoroso autogoal.

Ad onor di completezza, il difensore della Juventus ha detto che odia l’Inter in senso “sportivo”. Questo aggettivo una volta significava (vocabolario Treccani alla mano) “con correttezza e lealtà”. Sarà per questo che, sempre Chiellini, nella stessa intervista ha detto che “il 99,9 per cento delle volte che ho incontrato fuori dal campo persone con cui mi sono scannato in partita, ci siamo fatti due risate”. Ma evidentemente la stessa cosa non succede ai tifosi che dopo averli visti “scannarsi” in campo, escono dagli stadi, eccitati magari proprio dagli scontri e dagli insulti in campo, e scatenano risse e guerriglie urbane con accoltellamenti e con investimenti d’auto, il tutto spesso con contorno di feriti e di morti.

Chiellini sicuramente avrà detto e scritto tutto in buona fede, anche perché il ricavato del libro andrà in beneficenza, ma da uomo (che ha anche studiato, visto che è laureato) dovrebbe sapere che usare la parola “odio” diventa un fatto gravissimo, oggi più che mai, perché attorno all’argomento calcio, negli stadi e sui social, volano maledizioni e insulti al cui confronto il vecchio “arbitro cornuto!” è un buffetto affettuoso. Oggi basta un giretto su internet e dintorni per scoprire un mondo infinito di “odiatori” di professione, i cosiddetti hater che esprimono e diffondono odio e intolleranza verso l’altra parte, non importa se si tratta dell’altra curva dello stadio o dell’altra sponda del Mediterraneo. Forse non c’era bisogno che si aggiungesse anche l’odio “sportivo” di un calciatore così famoso che per quattro calci al pallone prende milioni di euro.

Negli ultimi mesi, la chiusura degli stadi per Corona virus ci ha dato modo di verificare una cosa: con o senza calcio la nostra vita va avanti ugualmente, anzi abbiamo avuto modo di accorgerci che le cose importanti sono altre, vedi le decine di migliaia di medici e infermieri che lottano in ospedale tutti i giorni e non solo la domenica per salvare le persone, rischiando la loro stessa vita. Forse dobbiamo capitalizzare questo periodo di riflessione e riconsiderare la giusta scala di valori, dando meno spazio a calciatori strapagati che parlano di odio e prestando più attenzione a medici e infermieri (che strapagati non sono), ma che rischiano ogni giorno la vita per gli altri. È ora di cominciare a dare il giusto riconoscimento a chi invece dei piedi usa la testa.

 

 

 


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