TESTO DI

Roberto Aguzzoni

FOTO DI

Milko Marchetti e Roberto Aguz

Un pomeriggio con Tonino Guerra



Ricordi nel centenario della nascita, in attesa delle previste celebrazioni

Un’amica di famiglia, Stefania Montanari di Bagnacavallo, che aveva contatti con Tonino Guerra attraverso l’associazione omonima, mi ha inviato settimane fa un whatsapp per ricordare che il 16 marzo sarebbe stato (è stato ormai) il centenario della nascita del poeta. Insieme al messaggio anche alcuni promemoria sull’attività di Guerra in Russia e su alcune sue iniziative artistiche a Bagnacavallo. L’emergenza Coronavirus ha fatto cancellare in Italia e nel mondo una miriade di eventi di ogni genere, culturali compresi. Sono quindi state rimandate a data da destinarsi parte delle celebrazioni per il centenario della nascita di Federico Fellini e praticamente tutte le manifestazioni intitolate al centenario della nascita del suo amico Tonino Guerra. In continua simbiosi i due, nel cinema, nelle “visioni”, nell’anno di nascita, ora anche nella cancellazione delle commemorazioni. Ma dicevamo di Guerra. Non con la pretesa di ricordarne la figura, ché l’impresa non è alla portata di chi scrive, ma solo per condividere alcuni flash, dato il  momento di chiusura della maggior parte delle attività sociali.

Con le sceneggiature di Guerra sono stati girati più di cento film. A Pennabilli, il paese dove Guerra viveva, non appena le condizioni sanitarie lo consentiranno, verrà svolto l’intero programma delle celebrazioni che ha per titolo “Il viaggio luminoso”, a cura della moglie Lora e del figlio Andrea, presidente dell’associazione intitolata al padre, con i quali collaborano per l’iniziativa Luca Cesari e Massimo Pulini.

In Russia, terra alla quale il poeta di Santarcangelo era molto legato artisticamente, è comunque stata organizzata una mostra presso il Museo-Riserva di Vladimir-Suzdal con il quale l’artista è stato in contatto per molti anni (https://it.rbth.com/cultura/84072-il-museo-vladimir-suzdal-rende).

Fenomenale il titolo della mostra, nel ricordo della parola che Guerra ripeteva più spesso.  “In ogni partenza c’è un ritorno nascosto. L’età del geniale Tonino è un’occasione per ricordarlo. La sua macchina da scrivere, una collezione di pastelli, opere, libri, fotografie. Tonino Guerra apparteneva al mondo. Ma amava molto la Russia e ne era ricambiato. Racconti e parabole, detti filosofici e pastelli, tutti insieme, tracciano il ritratto di un uomo che non è partito, ma è semplicemente diventato parte del mondo” (Maria Platanyuk; Notizie culturali - Museo-Riserva di Vladimir-Suzdal). “Questo era un uomo che sapeva assolutamente tutto. Pertanto, quando parliamo di Tonino Guerra, è difficile fare un preambolo: scrittore, poeta, artista, sceneggiatore, ceramista ” (Svetlana Melnikova, esperta d’arte).  E ancora: “Tutta la vita di Tonino è, in generale, lampi di luce e persino un carnevale. Tutto ciò è riportato in varie interviste, nelle memorie di Tonino e Lora stessa” (Anna Sosedova, del dipartimento di esposizioni e mostre del Museo-Riserva di Vladimir-Suzdal).

Da Bagnacavallo invece i ricordi di Un Natale dopo l’altro, appuntamento nato dopo un incontro a Pennabilli fra il poeta e l’Associazione Culturale Officina. Il poeta lanciava le sue idee disegnando bozzetti per le installazioni di addobbi natalizi in Piazza Nuova, e tanti collaboratori, artisti di ogni tipo, dai ceramisti ai cuochi, realizzavano quanto il Maestro aveva progettato. Giorni “pieni di luci e di emozioni”, riportarono le cronache locali di allora. Poi vennero L’Angelo coi Baffi, Il Carro della Luce, Il Camino delle Favole, e Bagnacavallo dei Labirinti che si “collegano ai labirinti della nostra mente e ci portano a ritrovare le magie più segrete”, come scrisse Guerra. Parte di quelle realizzazioni sono ora nel famoso Orto dei Frutti Dimenticati, creato da Tonino Guerra a Pennabilli.

Sorprendente la “penetrazione” profonda di Guerra fra la gente, a dispetto dell’alone di irraggiungibilità che una figura di quello spessore culturale si trova costruita addosso indipendentemente dalla propria volontà. Ma forse solo chi è di grande spessore culturale riesce a provare una continua curiosità di conoscere in modo diffuso, e di osservare tutto ciò che ci circonda (L’aria l’e cla roba lizira che sta dalonda la tu testa e la dventa piò céra quand che t’roid - L’aria è quella cosa leggera che sta intorno alla tua testa e diventa più chiara quando ridi). Fu una sorpresa, infatti, scoprire casualmente la foto di un incontro conviviale fra proprietari, parenti e amici di un agriturismo sulle colline di Riolo Terme, e Tonino Guerra invitato per l’occasione da conoscenti comuni. Nella foto, in mezzo ai commensali, Guerra con l’espressione sorridente, appunto come scritto nella poesia poco sopra.

Di Tonino Guerra c’è anche un ricordo personale. Guerra era in viaggio in Russia da alcuni mesi, ma continuava a tenere costanti rapporti con amici in Italia, fra questi anche Stefania di Bagnacavallo. Sempre affamato di novità e di peculiarità, Guerra era rimasto colpito dalla descrizione di un villaggio di capanni alla foce del torrente Bevano, fra Classe (RA) e il fiume Savio, che Stefania gli aveva fatto dopo un’escursione fotografica in gruppo con Milko Marchetti, più volte campione mondiale di fotografia naturalistica, e altri amici. Conoscendo il luogo da moltissimi anni, avevo fatto loro da guida. L’atmosfera del luogo è senza dubbio particolare, uno di quei luoghi verso i quali, come diceva Guerra, si possono fare “lunghi viaggi vicino a casa”. Per arrivarci si attraversa una campagna che si è formata occupando quel che nei secoli il mare e i fiumi hanno trasportato e accumulato. Dove oggi c’è la campagna, qualche secolo fa c’era il mare, ma anche oggi non è lontano, dista poche centinaia di metri e già dai campi si sente il suo alito salino. A difesa del nuovo ambiente ci sono le dune, attempate anche quelle, dopo una lunga cortina costiera di pini. La strada finisce dove c’è la foce del torrente, microcosmo selvaggio che sembra sia stato collocato lì da qualcuno come uno strano, ultimo, girone di Eden. Lì aleggia nell’aria una sensazione di distacco, insieme a qualcosa di indecifrabile. Storie di uomini cacciatori e pescatori bradi che non ci sono più. Anche storie ricamate dal passaparola di paese, della cui verità vera si è persa memoria. E’ sempre stato uno dei “miei” luoghi per i lunghi viaggi vicino a casa, anche se non l’avevo mai battezzato così prima di conoscere Guerra.

In breve, il poeta stava rientrando dalla Russia con la moglie Lora, dopo aver fatto il viaggio in aereo da Mosca a Vienna, poi in treno da Vienna a Venezia, dove l’aveva prelevato l’autista per riportarlo a Pennabilli. Un tour mica da poco, tutto di filata. Ma la descrizione dell’amica Stefania aveva fatto breccia nella mente del poeta-sceneggiatore, che nonostante la stanchezza volle a tutti i costi far tappa intermedia per vedere quel luogo particolare. Ci demmo appuntamento all’inizio della strada, e feci da guida al gruppetto anche in quell’occasione. Incombenza del tutto inattesa, peraltro molto gratificata, fin dalle prime battute, dalla vivace curiosità di Guerra. Incombenza dalla quale, non ultimo, ricavai un concorde assenso spontaneo sulla particolarità del luogo, perché Guerra ne rimase letteralmente rapito. L’assenza di barriere, l’atmosfera del mare e della pineta lo affascinarono. Affascinato al punto tale che cominciò a chiedermi con insistenza di chi era il posto, se ci si poteva costruire una dacia per andarci a scrivere (indicò anche un punto preciso che gli piaceva), finché ad un certo momento sbottò in un lapidario “se aqué ôn un’è bôn d’scrivar l’è un pataca!” (se in un posto così a uno non viene l’ispirazione per scrivere è proprio un babbeo). Desiderio non esaudibile perché la zona è proprietà del Demanio, quindi (per fortuna) esclusa da possibilità edilizie pur minime. A conferma della sua costante curiosità, Guerra si attardò a parlare con le poche persone che quel pomeriggio si trovavano nei capanni per una braciolata o una partita a carte. Qualcuno lo riconobbe, e ne nacquero scambi di vecchie e nuove cronache del luogo e sul fascino che questo emanava. Abbandonata a malincuore l’idea della dacia, il pomeriggio proseguì e si concluse a Cervia, sotto la veranda di in uno stabilimento balneare, con un pranzo tardivo di pesce, insieme ad altri amici cervesi con i quali ci eravamo dati appuntamento. Durante il pranzo Guerra raccontò di altri assaggi di pesce su un certo fiume russo e delle persone che aveva conosciuto là in quelle occasioni. Cervia piaceva a Tonino Guerra. Mi hanno detto che amava vedere il mare, e andava qualche volta in bicicletta da Santarcangelo a “vedere la linea blu”. E’ incredibile quanti lunghi viaggi si possano fare vicino a casa. Anche in questo Tonino Guerra era davvero un Maestro.

 

 

 


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