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TESTO DI

Pier Giulio Giordani

Giulio Giordani, mio nonno

Cent'anni fa fu assassinato in Consiglio comunale a Bologna

Cent’anni fa, il 21 novembre 1920, veniva assassinato, nell’Aula del Consiglio Comunale di Bologna, il mio nonno paterno, avv. Giulio Giordani, di cui mi onoro di portare il nome.

Per moltissimi anni, purtroppo, egli, ed il suo ricordo, è stato associato a quello del Fascismo.

Ma la storia, per fortuna, prima o poi, riabilita e ristabilisce la verità delle cose.

In una recente trasmissione televisiva su Rai Storia (‘Passato e presente’) il diligente e bravo storiografo, giornalista e direttore Paolo Mieli ha ‘riabilitato’ (se mai ce ne era bisogno …) la figura dell’avv. Giulio Giordani, parlando appunto dei “fatti di Palazzo d’Accursio”, e precisando che egli non era mai stato fascista, ma solo ‘Nazionalista’ e cioè di quel gruppo di ex reduci della Grande Guerra …

Credo che, a cent’anni dalla sua scomparsa, per i molti che non conoscono, purtroppo questo triste momento della storia d’Italia, sia opportuno ricordare un po’ la vita del nonno.

Nato a Bologna il 31 marzo 1878, in via Cartoleria n. 28, Giulio era figlio di Giuseppe e Raffaella Spisani.

Il padre era tappezziere e la madre casalinga.

Quindi una famiglia modesta, che non poteva certamente permettersi il lusso di far studiare il figlio.

Ma il suo maestro, Gustavo Guazzaloca, visti i risultati e la volontà e la predisposizione allo studio del piccolo Giulio, consigliò i genitori, se pur con grandi sacrifici, a farlo continuare negli studi.

E Giulio dimostrò, con i fatti, che quanto Guazzaloca sosteneva era esatto: si aggiudicò anche la borsa di studio ‘Sarti’, che consentì alla famiglia di farlo continuare nella sua carriera scolastica.

Frequentò il liceo ‘Luigi Galvani’ di Bologna, diplomandosi nell’anno 1895-1896; a tal proposito, vorrei sottolineare che ben quattro generazioni della famiglia Giordani hanno frequentato con successo il Liceo Galvani: prima il nonno Giulio, poi mio padre Guido, mia zia Giulia, il sottoscritto, e mia figlia Maria Cristina: 1895/96 – 1937/38 – 1939/40 – 1966/67 – 2002/03.

A 18 anni si iscrisse alla Facoltà di Legge dell’Università di Bologna, e, contemporaneamente adempì ai doveri di soldato come allievo ufficiale del IV Reggimento Bersaglieri di Bologna.

La sua tesi di laurea su lo ‘Jus familiae’ gli valse la lode e l’anno dopo cioè nel 1902, vinse il Premio Vittorio Emanuele, (vedasi il diploma di laurea e il diploma 09/01/1902).

Fu dapprima come praticante nello studio dell’Avv. Gaspare Ghillini, poi con l’avv. Enrico Garagnani, poi, nel 1908, entrò nel prestigioso studio dell’Avv. Leone Magni, in piazza Calderini 2/2, studio nel quale anche il sottoscritto ha lavorato.

Nel maggio del 1915 viene destinato ad un Battaglione di Bersaglieri a Castiglione delle Stiviere; dopodiché, il 28 ottobre, quale Comandante di Compagnia, ossia Capitano, deve occupare la famosa trincea delle Frasche sotto il San Michele.

Basti qui riportare la motivazione della medaglia d’argento al valor militare a lui conferita:

Comandante interinale di compagnia, si slanciava alla testa dei suoi sulla trincea nemica; preso in mezzo al reticolato, continuava ad avanzare ed incitare i Bersaglieri, benché ripetutamente ferito finchè, colpito ad una gamba, cadde riverso sul reticolato stesso. Tolto di là dovette poi subire l’amputazione della gamba – Carso 28/10/1915 – Campagne di guerra 1915/1916”.

Le cronache narrano che fu lasciato sul terreno perché creduto morto; più tardi fu raccolto da un portaferiti di un altro reggimento perché dava segni di vita.

Dato lo stato del suo arto, il prof. Trevisan gli amputò la gamba.

Dimesso dall’Istituto Rizzoli di Bologna, allora diretto dal notissimo prof. Vittorio Putti, ritornò alla vita civile, con un arto artificiale (ben diverso da quelle magnifiche realizzazioni in titanio che permettono, oggi, di vivere anche ai mutilati una vita pressoché normale), ma ciò non gli impedì di tornare al fronte per incitare al combattimento e alla rivincita, dopo Caporetto, il nostro esercito.

“Il Piave mormorò: non passa lo straniero!”

Sembra una frase oggi retorica, ma fu quella che accompagnò i nostri militi alla vittoria sull’Impero Austro Ungarico.

Il nonno, tornato alla sua professione forense, aderisce al Movimento Nazionalista, costituito, in gran parte, dai reduci della Grande Guerra.

Nel frattempo, nell’aprile 1920 nasce suo figlio, e mio padre, Guido, mentre mia nonna Cesarina, detta Rina, attende la seconda figlia, Giulia.

Nelle elezioni del 1920 Giulio fu eletto Consigliere Comunale, di minoranza, nel Consiglio Comunale di Bologna.

Chi conosce la storia ben sa che gli anni dalla fine della Grande Guerra in poi, in Italia, e in particolare nella nostra Emilia, furono assai turbolenti, se vogliamo usare un termine eufemistico …

E veniamo più propriamente ai ‘fatti di Palazzo d’Accursio’ del 21 novembre 1920.

Sembra un paradosso, non eravamo nei territori del west americano immortalati dai film western, ma nella civile Bologna di 100 anni fa: eppure era normale girare con il revolver, carico, in tasca …

La narrazione dei fatti avvenuti dentro l’aula del Consiglio Comunale, resa dall’avv. Cesare Colliva è quanto mai esplicita: “… rimessomi a sedere udii immediatamente i primi spari … ai primi colpi io mi alzai in piedi e guardai in direzione dello scanno del Sindaco: … potei scorgere un individuo di grossa corporatura, dai capelli lunghi, brizzolati e gettati all’indietro, di circa 45 anni, che sparava a braccio teso verso di noi prendendoci d’infilata … sparava da un ripiano su cui ritengo fosse salito … si sparava anche da un gruppo di persone che ingombravano la corsia centrale dell’aula … il collega Giordani era affondato nella sua poltrona, sanguinante; lo distendemmo per terra; gli avevamo aperto la camicia sul petto e perdeva sempre sangue e si lamentava; alzammo il suo corpo e lo trasportammo in un’altra saletta”.

Poco dopo Giulio Giordani muore, crivellato da ben 8 proiettili …

Questo è quanto.

Spero che, a 100 anni da questi tragici avvenimenti, si ricordi la figura del nonno Giulio come un padre di famiglia, un combattente eroico della Grande Guerra, mutilato ad una gamba e quindi gravemente handicappato, barbaramente assassinato mentre, inerme, assisteva ad una seduta del Consiglio Comunale …

Riposa in pace nella tomba di famiglia.