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TESTO DI

Enzo Spaltro

Editoriale

Il ciclo presente tenta di passare dall’egemonia della coppia all’economia del piccolo gruppo. Con alti e bassi, quelli della mentalità della coppia che rifiutava il piccolo gruppo. Il plurale ha ripetutamente sfidato la coppia con un diverso modo di pensare che doveva per forza passare attraverso la coppia che spesso era egèmone e non dava possibilità di sviluppo alla ossessione dell’unità. L’unità era il valore massimo. La cultura vigente era quella bellica dove uniti si vince. Si succedevano così le declinazione dell’unità, come mono-teismo, monarchia, moneta e monotipìa. Il plurale era segno di disordine e doveva essere eliminato. Le dualità dei consoli romani portavano alla soppressione della monarchia ed alla eliminazione della testa coronata sulla moneta. La dracma di Atene democratica aveva come simbolo la civetta, la sapienza che vede nell’oscurità. Anche se Sparta vince la guerra con Atene, noi siamo qui dopo millenni a sviluppare la democrazia.

La coppia ha rappresentato continuamente l’opposizione tra uno e due, tra individuo e collettività, organizzazione, istituzione e comunità. Da queste opposizioni l’individuo usciva perdente, schiacciato, incapace di trasformarsi in soggetto e comunque solo.

Il ciclo del plurale si è declinato tra la coppia ed il gruppo. La coppia è stata egemone ed ha impedito al plurale di declinarsi in piccolo gruppo. La coppia ha messo in opposizione l’individuo e la società. In cui era sempre vincente il collettivo sull’individuale. L’individuo ha utilizzato la coppia dell’io-tu, come Martin Buber e il suo io-tu, che è stato di moda tra gli studenti di psicologia del secolo ventesimo come simbolo del rifiuto della coppia. Così la democrazia ateniese è sopravvissuta alla monarchia feudale spartana.

Poi è venuta la fase del tre come nella trinità cristiana (padre, figlio, spirito santo). Si sono individuati tre livelli: micro, macro, mega. I tre livelli sono stati quelli del piccolo gruppo, dell’organizzazione-istituzione e della comunità. Una differenziazione liberatoria che faceva trasformare la lotta/guerra a due in una negoziazione mediazione a tre. E’ stata ed è tuttora la cultura degli stati, delle grandi comunità,  delle federazioni confederazioni e delle prime globalizzazioni. Poi si è arrivati al quarto livello della partecipazione e della cittadinanza. Le città creavano culture della libertà. L’aria della città ci fa liberi (ha scritto qualcuno Montesquieu, lo stesso che inventò i tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario per delimitare il potere assoluto del monarca).

Infine si è individuato il livello virtuale in cui il quinto passo ha portato ad una relazione che qualcuno ha voluto chiamare neoindividualista. Ma la vecchia democrazia non è stata sostituita.

Oggi siamo nel terzo millennio, e stiamo già in un altro modello che possiamo chiamare terzo, o del triduo. Questo modello ci sta trasformando da individui in soggetti, e poi da soggetti in cittadini e poi ancora da cittadini in persone e poi ancora chissà. . Andando dal dentro verso il fuori, con una crescente espressività e bellessere. Sto andando da quello che io sono stato sinora (individuo) a quello che sono adesso  (soggetto). E passando da quello che non conoscevo a quello che ora io conosco (cittadino), dalla cittadinanza all’appartenenza, alla rappresentanza, alla rappresentatività ad alla rappresentazione. E così proseguendo, dal qui ed ora all’azione, dal lì ed allora all’orizzonte, dalla maschera al dramma (azione persona).

Dal bene si sta passando al bello, dal capitale al lavoro, dal bisogno al desiderio, da prima il piacere poi il dovere, dal lavoro all’azione. Il modello a tre ha messo di fronte lo schema della paura (modello tedesco come  motivazione di base) e  lo schema della speranza ( modello francese come motivazione di base). La coppia ha tentato ripetutamente di riprendere il sopravvento con le dittature (monarchie unificanti). Ma il modello plurale (consolare romano) ha prevalso.

Questo modello, che possiamo definire estetico, passa attraverso tre interfacce: tra l’individuo che c’è dentro di noi ed il soggetto che è il rapporto tra noi e gli altri.

L’altra interfaccia è quella tra soggetto e cittadino. Noi non conosciamo gli altri ma il nostro rapporto con loro. Noi abitiamo le città, viviamo appartenenze ed usiamo linguaggi. La terza interfaccia è quella tra cittadino e persona cioè quella della personificazione e dell’azione che, secondo Jacop Moreno, derivava dal fatto che “nella Vienna del dopoguerra la parola aveva preso il soppravvento sull’azione”.

Il modello delle persone è quello che si sta sviluppando oggi. Il cambio della moneta, del denaro,  della relazione e del lavoro. L’insegnamento-apprendimento che sostituisce oggi l’assoggettamento con la parità e la trasformazione del lavoro basato sulla paura con il lavoro basato sul piacere. Molti stanno costruendo un lavoro gradevole. Molti altri sostengono che se il lavoro non è gradevole, significa che è male organizzato. Anche molti economisti, che si definiscono microeconomisti, ritengono che il benessere lavorativo sia scopo ed effetto della democrazia.

Nella conclusione di J. M. Keynes sulla sua teoria generale della moneta, questo

economista-psicologo ha sostenuto che si è “compiuto un progresso significativo verso la rimozione di disparità molto forti delle ricchezze e dei  redditi”. In realtà molti nuovi concetti stanno completando il modello a tre basato sulla persona e previsto da Keynes. La persona è il concetto base per la democrazia e per il suo nuovo dizionario di idee.

Oggi siamo in grado di trattare questo mosaico d’idee che vanno dalla moneta al denaro, dal bisogno al desiderio, dalla vendetta al  perdono,  dalla bontà alla bellezza, dal tempo alla forza di gravità, dal presente al futuro. La stessa misura si basa non solo sulla quantità, ma sulla trattabilità dei fatti. Questo significa che la misura è un metodo per aumentare il benessere ed il bellessere. Anche la misura del tempo (es. nel lavoro studio di tempi e metodi) diventa una dimensione soggettiva per aumentare il benessere.

Il fisico Carlo Rovelli sostiene che nel tempo di oggi ciò che conta è la memoria di quello che siamo stati. Per questo ciò che costituisce il tempo è il ricordo di ciò che abbiamo fatto. Perciò a poco a poco il presente sta scomparendo. Aumenta così l’orizzonte temporale, ciò che noi chiamiamo futuro, il nostro sforzo per crescere nel mondo in cui noi viviamo. Aumenta la velocità con cui noi passiamo attraverso il nostro filtro del qui ed ora, il tempo di passaggio dal due al tre. Questo permette di trattare il successo con cui noi traghettiamo i nostri sogni dal passato verso il futuro, che non esiste senza di noi e che noi progettiamo. Nel 2017 Weiss e Kip Thorne hanno vinto il premio Nobel per la fisica avendo dimostrato possibile la misura delle onde gravitazionali che il tempo e non la durata e funzione della forza di gravità ed è quindi un probabile futuro moltiplicatore di benessere. Psicologia e Lavoro così crede ancora, come cinquant’anni fa, di sottolineare lo sviluppo della scienza nel campo del lavoro per dare un piccolo contributo allo sviluppo della democrazia. Oggi che il futuro si declina di più e noi facciamo più fatica a seguirlo.

Così Psicologia & Lavoro ricomincia un suo triduo, con un suo essere tre e non più due. Cosa vuol dire che non ha quindi solo due componenti, ma tre. Viena dalla vechia vfrase greca.calòs kài agazòs (bello e buono). Bello e buono in greco significa che prima viene il bello poi il buono. In effetti la piccola congiunzione fra bello e buono è una congiunzione e tra due qualità o aggettivi, un terzo tra due. Una congiunzione tra due entità (qualità?) Non solo mette a confronto psicologia e lavoro, ma ci aggiunge anche un prima e un dopo, un tempo ed un luogo, un ricordo ed un progetto, un qui ed ora, un gruppo piccolo e grande, individuo e soggetto, una parola autonoma che moltiplica il suo significato, la e che esiste fra psicologia e lavoro diventa un traghettatore, un sensificatore, un creatore di senso ed un moltiplicatore. Passando dal due al tre l’incrocio fra psicologia e lavoro diventa un opposto dell’unificatore che diminuisce il senso del plurale creando monoteismi, monarchie ed unificazioni continue. La e congiunge psicologia e lavoro, ma prima viene la psicologia e dopo il lavoro. L’immensamente grande degli anni luce si continua nell’immensamente piccolo dei quanti.

Con questi scopi, tempi e persone, si presenta ai suoi lettori, dopo quasi mezzo secolo trascorso dalla sua fondazione, per proporre un senso nuovo all’incrocio tra coppia, gruppo e collettivo. Innanzitutto per dire che esiste ancora ed è “solare”, come diceva nel 1968. Poi per avere più senso e quindi più dubbio di allora. Ma soprattutto si presenta con una pretesa un poco arrogante, perché rinforzata da mezzo secolo di speranza: quella di contribuire all’idea di Philip Slater e di molti come lui per i quali la democrazia, difficile e quasi impossibile è inevitabile perché il sogno che la sostiene non è ancora finito. Psicologia e lavoro vuole presentare significati che rinforzino questo sogno a tre nelle persone e non a due negli individui. Un’arroganza di quasi mezzo secolo, durata molto breve per la vita degli uomini di oggi, ma sufficiente per poter dire come la si desidera adesso questa democrazia in questo tempo: duemiladiciassette perciò.