TESTO DI

Lisa Bellocchi

FOTO DI

Bodleian Library

Amore per il cibo italiano. Com'è accaduto agli inglesi?



Un esauriente, documentatissimo volume di Diego Zancani accompagna in una suggestiva scoperta

Mrs Hester Lynch, vedova del ricco birraio Mr Thrale, s’innamorò dell’insegnante di musica della figlia, Gabriele Piozzi e viaggiò con lui in Italia e Francia, apprezzando particolarmente le bellezze (e le bontà) della Toscana. Tornata a Londra, il 25 luglio 1785 Mrs Piozzi offrì una splendida cena ad un gruppo di nobili inglesi, proponendo i cibi che l’avevano colpita in Italia, e facendosi così ambasciatrice della nostra cucina.

The art of cookery made plain and easy”, di Hannah Glasses, ristampato in non meno di 17 edizioni tra il 1747 ed il 1803, mirava ad insegnare l’arte della cucina alle donne inesperte (e poco alfabetizzate!) delle classi sociali basse. Alcune interessanti ricette italiane affiancano quelle della classica cucina inglese: una salsa “Cullis italian way”, fatta con brodo di carni varie ristretto, adatta per accompagnare pollo o altri volatili; ma anche una dettagliata spiegazione di come impastare la sfoglia e realizzare “vermicelli”, da cucinare poi con un intrigante sugo a base di midollo.

Queste e moltissime altre vicende – tutte perfettamente documentate storicamente e bibliograficamente – sono l’affascinante contenuto di “How we fell in love with Italian food”, eccellente volume del professor Diego Zancani, appena pubblicato dalla Bodleian Library di Oxford.

Titolo ed autore comportano un elegante chiasmo: Diego Zancani è italiano, di Piacenza, trapiantato da mezzo secolo nel Regno Unito, dove ha insegnato lingua e letteratura italiana nelle più prestigiose università: Kent e Oxford, emeritus fellow del Balliol College. Il libro racconta come gli inglesi, attraverso i secoli, si siano innamorati del cibo italiano. E allora perché quel “we”, “noi”, e non “they”, “loro”? Forse perché del cibo italiano ci innamoriamo proprio tutti, nativi e non, viventi nel Paese ed expat.

La ricerca di Zancani sulle fonti per questo libro cominciò tanti anni fa da un interrogativo, che l’autore ha narrato agli amici piacentini. L’allora giovanissimo studente trapiantato in Albione avrebbe voluto condirsi l’insalata con un po’ di olio d’oliva. Negli Anni ’60 in Inghilterra l’olio d’oliva si vendeva solo dal farmacista, come medicamento. Eppure, si chiese Zancani, duemila anni prima in Anglia erano arrivati i Romani, e l’olio era di casa sulle tavole dei legionari. La vicenda carsica dell’olio d’oliva diede il via alla ricerca, sfociata oggi in un volume godibilissimo, che racconta di stereotipi immarcescibili e di inattese scoperte, di tradizionali, plurisecolari commerci (come quello del parmigiano reggiano e del grana padano) e di insanabili idiosincrasie: l’aglio, praticamente onnipresente nella cucina peninsulare, a qualcuno proprio non piaceva, ed il pur italofilo poeta Percy Bysshe Shelley non sopportava l’alito pesante che ne derivava alle dame.

Il ciclo produttivo del parmigiano reggiano fu puntigliosamente indagato di persona e descritto da Thomas Jefferson, sul finire del ‘700, dopo che si era “innamorato” di un piatto di “maccaroni” con il grana grattugiato sopra. Tale amore perdurò anche quando Jefferson divenne presidente degli Stati Uniti e questo piatto veniva servito nei banchetti ufficiali. Anche molti altri cittadini degli States dimostrarono apprezzamento e passione per il cibo italiano: tra gli altri, gli scrittori Fenimore Cooper e Nathaniel Hawthorne, e lo scultore Hiram Powers, che introdusse Hawthorne alle gioie dei fiori di zucca fritti.

Per i fiori di zucca fritti, come per altri “piatti del cuore”, Zancani ci regala anche le ricette, con dosi e procedure perfettamente eseguibili, presentate con un lay-out divertente: il disegno a quadri bianchi e rossi delle tovaglie da trattoria.

Gelati, cioccolato, golosità dolci come la “bomba Napoletana”, “biscotini”, e persino l’emiliana “spongata” sono raccontati nel libro dell’infaticabile Zancani, che non tralascia le cospicue fortune commerciali ed editoriali connesse al cibo italiano, fino ai più recenti successi dei programmi televisivi dedicati alla nostra cucina.

Conclude l’opera un utilissimo glossario, da Abbacchio a Zuppa inglese, cui fa seguito il poderoso apparato di Note e di Bibliografia. Tutto il testo è accompagnato da un ricco ed interessante apparato iconografico, che rende ancora più piacevole la lettura.

Sapere come gli inglesi si siano innamorati del cibo italiano (visto che da questo tenace innamoramento sono scaturiti importanti risultati economici per l’export dei nostri prodotti) sarebbe utile anche qui da noi. Perciò è lecito sperare che questo splendido volume venga presto tradotto e pubblicato in Italia.

 

 


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