TESTO E FOTO DI

Mirella Golinelli

Eterna Parisina



E' l'alba violacea del 21 maggio 1425. In una cella della Torre Marchesana, nel Castello Estense, il nudo collo- poiché i capelli le erano stati raccolti in un drappo nero – si appoggiò su un cippo, già intriso di sangue per le tante esecuzioni. “In fundo turris ubi decapitati fuere”, si sarebbe impregnato anche di quello della marchesa Parisina, dopo quello dell'amato Ugo. Avevano rispettivamente 20 e 19 anni, quando furono decapitati (vedi: “Echi di un amore: Nicolò, Ugo e Parisina” in “La Pianura “2005 di Mirella Golinelli). Ella era figlia di Lucrezia degli Ordelaffi, il cui padre era Cecco II, Signore di Forlì. Nell'ottobre 1404, pochi giorni dopo la nascita di Parisina, il nonno Cecco II fece assumere a Lucrezia un potente veleno. Dodici anni dopo, Andrea Malatesta, marito di Lucrezia e padre della giovanissima Parisina, morì, lasciandola orfana d'entrambi i genitori.

I festeggiamenti sontuosi per la nascita di Ugo, figlio di Nicolò III d'Este, avvennero il 23 dicembre 1405 ed alla fonte battesimale si disposero Francesco I Gonzaga di Mantova, il Cardinale Legato Baldassarre Cossa, il Conte Nicolò Boiardo di Modena e, caso vuole, Carlo, lo zio di Parisina Malatesta, futura marchesa di Ferrara poiché a 13 anni diverrà moglie di Nicolò III d'Este. Curiosità: la moglie di Francesco I Gonzaga, figlia di Bernabò, Agnese Visconti, era morta anch'ella decapitata, con la falsa accusa d' adulterio, nel 1391; secondo alcuni storici a 28 anni, mentre ne aveva soli 23, come è inciso sulla lapide che si trova nella piazza interna del Palazzo Ducale a Mantova. La piccola Alda, sua figlia, fu mandata a Ferrara, presso la corte degli zii.

Maghinardo, che fu il padre spirituale dell'ordine francescano con il quale Parisina si confidava sarà la chiave di volta che chiarirà come andarono veramente i “fatti”, scagionando i due giovani.

Nicolò III era devotissimo ai padri domenicani, come viene narrato nella “Novella” di Bandello 21- 4a parte, dove è svelato l'amore di Parisina per il figlio del marchese suo marito, Ugo. La trama di questa vicenda trova radici antiche, nelle storie cananee ed egiziane; in particolare nel personaggio di Fedra, la quale, macchiatasi d'amore non corrisposto nei confronti del figliastro Ippolito, verrà citata nella “Teseide” e nell'“Odissea”. Della perduta “Fedra” di Sofocle non si conosce nulla, a parte i particolari drammatici che verranno ripresi da Euripide in due diverse tragedie: “Ippolito velato” ed “Ippolito coronato”. Lucio Anneo Seneca, per la sua “Phedra”, s'ispirò ad Euripide e, nella IV lettera di “Heroides”, di Publio Ovidio Nasone, la regina ateniese ha grande rilievo. Matteo Bandello (1485-1561) fu influenzato dalla regina Margherita di Navarra (1492-1549), della quale solo post mortem, cioè nel 1558, venne pubblicato l'“Heptameron”, una raccolta di 72 novelle pensate per un fine moralistico. Francesco Bozza, nel 1578, affascinato dalla narrazione del Bandello, dà alle stampe “Fedra”. Solo con Racine la protagonista “regina” culmina a perfezione. Gabriele d'Annunzio (1863-1938) mise in versi la tragedia, prendendo spunto dall'omonimo tema di Algernon Charles Swinburne, nel 1886. Ildebrando Pizzetti mise in musica i versi dannunziani nell'unica sua opera lirica di valore, “Fedra”, allestita negli anni '80 del Novecento, nel meraviglioso giardino di Palazzo Giulio d'Este, in coproduzione con il Teatro Comunale di Ferrara.

Un parallelo tra Fedra e Parisina, è doveroso. Entrambe furono segnate da un unico destino: la morte per essersi concesse all'amore, poiché trascurate dai rispettivi mariti Teseo e Nicolo III.

Il Lasca(1503-1584), al secolo Anton Francesco Grazzini, riprende nelle sue “Cene”, e precisamente nella 2a -V novella (vedi: “Novellieri del '500” edito a Napoli nel 1972, ma anche la “Parisina” edita da Olschki nel 1949, di Alfonso Lazzari), la tragica fine di Ugo e Parisina, prendendone le difese e dedicando loro versi tanto melodiosi e raffinati da permettergli d'entrare a far parte dell'Accademia della Crusca.

Nel 1583 anche il Signore di Brantome, Pierre de Bourdeille, narrò la storia degli sfortunati amanti.

In tutto il XVII secolo, solo Lope Felix de Vega Carpio di Madrid (1562-1635) narra dell'adulterio in “El castigo sin venganza” (Il castigo senza vendetta). Le sue opere in Spagna ebbero lo stesso successo di quelle di Shakespeare. Egli attinse dai novellieri italiani, quali Giovanni Boccaccio e Giambattista Giraldi Cinzio, dando alla tragedia una vena particolarmente intensa, che produsse sconcerto nel fervente e cattolico popolo spagnolo.

A Bologna nel 1969, viene dato alle stampe “Ferrara, il Po, la Cattedrale, la Corte” con vari contributi a carattere storico ed alle pagine 344/348 il tragico fatto estense viene messo in relazione con l'opera di Lope de Vega. Il critico Adolf Fiedrich von Schack, quando scrisse, nel 1845 a Berlino, la “Storia della letteratura e dell'arte drammatica in Spagna”, fu il primo a trovare la similitudine tra il misfatto ferrarese e la composizione dello spagnolo.

Antonio Frizzi, uno storico assai accreditato, nelle “Memorie per la storia di Ferrara” avverte che il Bandello travisa completamente vicenda, nomi e fatti, i quali non coincidono con la realtà. “Funesto fu quel giorno 1425... Egli (Niccolò III) ne stupì e quasi non credendo se ne accertò, purtroppo il 18 maggio da un pertugio fatto nella soffitta della stanza della moglie Parisina”. Camillo Laderchi che si curò di divulgare l'opera di Antonio Frizzi, aggiunge che nella Chiesa di San Francesco, a Ferrara, furono portati 3 cadaveri decapitati: quelli di Ugo, Parisina ma anche quello di Ceveron Aldovrandino Rangoni da Modena, che pare fosse amico fidato di Ugo. Le salme furono seppellite senza cerimonie il 26 maggio, cioè il giorno dopo l’esecuzione, nel cimitero vicino al campanile: questo ci riferisce secondo “l'antico calendario francescano”, del quale furono fatte 2 pubblicazioni, dal Bellini e dall'Arventi. Una pagina dell'“Antico calendario”, strappata ed andata perduta, parlava d'un fidanzamento tra Ugo e Parisina, precedente il matrimonio che avrebbe contratto in maniera fraudolenta con il marchese Nicolò III.

A scrivere questa pagina fu il padre francescano Maghinardo, confidente di Parisina. Il marchese, recatosi a Rimini per firmare il patto di matrimonio tra suo figlio Ugo e la principessa romagnola ed avendola vista nella sua bellezza, se ne invaghì fino a sottrarla al figlio, per farla sua.

Alla fine del 1815, George Byron (1788-1824) compone in Italia il poemetto “Parisina”. Esso viene tradotto da Vincenzo Monti ed Andrea Maffei, lo stesso che collaborò con Giuseppe Verdi. L'atroce finale esibito dal Byron secondo Aldo Ricci è da intendersi di pura fantasia.

Anche Giacomo Leopardi, componendo i canti per endecasillabo -metro caro a Dante- nell' “Appressamento alla morte” canto II, versi dal 92 al 101, fa dire ad Ugo che Parisina non avrebbe avuto prole.

Parisina, moglie integerrima, a 14 anni diede alla luce due gemelle: Ginevra e Lucia e, nel 1421, partorì un figlio maschio, Alberto Carlo, il quale morì dopo solo 39 giorni.

Di Luigi Cicconi, al Teatro Carignano di Torino, si diede la tragedia “Parisina”. Nel 1833, la “Parisina” di Felice Romani, musicata da Gaetano Donizetti (1797-1848) va in scena alla Pergola di Firenze, con esito favorevole (vedi: “Parisina, dalla storia alla musica” in “La Pianura” 1992 di Mirella Golinelli). Lo conferma il compositore Barbaja, scrivendo: “fui chiamato in scena 10 volte”. Franz Listz (1811- 1886) compose alcune parafrasi e due valzer, traendoli dalle arie dedicate alla marchesa di Ferrara. Ed ancora il dramma per teatro “Parisina” di Antonio Somma. Nel 1835, a soli 19 anni il musicista inglese William Sterndale Bennet (1816-1875) compose “Parisina” di Carlo d'Ormeville. Giovanni Battista Bergamini (1858-1926) musicò “Ugo e Parisina”. Keurvels Edward, nel 1890, in Olanda, musicò “Parisina”, del librettista Franz Gittens. Giosuè Carducci (1835-1907) nei versi 29/30 del carme XV, “Alla città di Ferrara nel XXV aprile 1895”, cita Parisina, dimenticando che, come Isotta, suonava magnificamente l'arpa. Gabriele d'Annunzio, giunto a Ferrara nel 1898, trovò in Domenico Tumiati (1874-1943) il rievocatore della figura e della sanguinosa vicenda, il quale produsse un melologo, musicato da Vittore Veneziani, che andò in scena al Teatro Comunale di Bologna il 15 dicembre 1901 (vedi: “Cinema: Gualtiero Tumiati e l'allievo Giorgio Sthreler” in “La Pianura” 2007 di Mirella Golinelli).

D'Annunzio dal 5 al 24 marzo 1912 scrive quella “Parisina” che verrà poi musicata da Pietro Mascagni nel 1913, dopo il ritiro di Puccini e Franchetti dalla stesura. Il manoscritto autografo di D'Annunzio è conservato presso BCA di Ferrara Mss. CL.II 434.

Ritratti di lei sono stati prodotti da Pellegrino Prisciani -Archivio di Stato di Modena, in “Historiae Ferrarie”; Antonio Cariola -  Ferrara 1856; Girolamo Domenichini a Palazzo Massari. Gaetano Previati produsse 5 illustrazioni per la tragedia di D'Annunzio, nella cui residenza, a Gardone Riviera, il Vate, conservò anche i figurini di Mario Pompei per la “Parisina” del 1926.

Un libro che merita d'entrare nella storia e nella letteratura è quello dal titolo “Una storia ferrarese del XV secolo – Armi, amori, audaci imprese di Nicolò III d'Este” prodotto a Ferrara nel V° centenario della nascita di Ludovico Ariosto(1974), il quale vede il dramma di Ugo e Parisina ambientato nei luoghi storici e, nelle delizie estensi. Nel volume, oltre ai dialoghi, vi sono le immagini fotografiche, in b/n, dei figuranti del Palio di Ferrara di allora - del quale quest'anno ricorre il cinquantennale -  i quali, presero parte alla rievocazione storica. Gli scatti furono prodotti dal grande Ed(Mondo) Bragaglia (1936-1997), nato ad Anzola Emilia, nel bolognese.

il “pioniere della televisione”.

 

 

 


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